Se mi chiedi dove e quando nasce un
pensiero, so risponderti. Nasce ovunque, tra le pieghe di una giornata
stropicciata, mentre ordini gli istanti di una vita qualunque, negli occhi di
gente che non incontrerai più o di coloro che incontri ogni giorno.
Può nascere perfino in una stanza poco
illuminata, con sirene d’ambulanza di sottofondo e un chiacchiericcio
allarmato, dove due persone, una che sa usare le parole, e un altro che le sa
recitare, decidono di emozionare il pubblico. E il pensiero prende vita, su
pagine scritte nel tormento della follia, e si cristallizza in volti, uno dopo
l’altro: il vecchio abbandonato, la vecchietta che fa i maglioni, l’adolescente
scanzonata, la moglie velenosa, il marito incerto, l’amante perduta,
l’infermiera svogliata e il medico rispettoso delle regole. E sotto una
sapiente regia, tutti salgono sul palco illuminato, al ritmo di una musica che
già porta dentro la storia, e la modifica, rendendola più vivace, in smorfie,
battute e lacrime.
Un pensiero nasce da una distrazione, un
attimo di vita, ed è lì, pronto ad ammaliare in uno sguardo, a sorprendere in
un gesto, a colpire con una parola.
Distratti, gli attori lo portano in scena
e lo regalano al pubblico. È il trionfo di un momento, assaporato dopo lunghi
mesi di prove, risate e commozioni. Mesi di emozioni che traboccano sul palco e
si volgono in un sorriso e in un battito di mani che esalta.
Insieme ci divertiamo, senza perdere di
vista ciò che fa soffrire o emozionare, sperando che il nostro sorriso arrivi
lì dove serve.
Noi, distrattamente attori, registi,
scrittori.
Noi, i Distractors.
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